Municipi e Città metropolitana: le sfide dimenticate.

Municipi e Città metropolitana: le sfide dimenticate.

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IDEE PER LA CITTÀ CHE VERRÀ

Municipi e Città metropolitana: le sfide dimenticate.

Webinar Daniela Benelli 2

 di Daniela Benelli

 L fase post pandemica, che grosso modo si avvierà con il rinnovo dell’amministrazione comunale, metterà a dura prova la capacità di Milano di reinventarsi nel ruolo, che spesso si attribuisce, di metropoli trainante la modernità del Paese. La sfida che attende il Sindaco Sala e la coalizione che con lui si candida alla guida della città è quella di una innovazione programmatica fuori dall’ordinario, così come lo è il momento che stiamo vivendo. 

 Molti  temi di questa sfida sono stati quantomeno evocati. Uno sviluppo green della città - che possibilmente non si limiti alla “mobilità dolce”, una rete ben distribuita di servizi e funzioni essenziali “accessibili a 15 minuti a piedi”, lo sviluppo di start up e imprese innovative, la riconversione edilizia e funzionale necessaria per il previsto incremento del lavoro da remoto, la capacità di attrarre studenti e ricercatori offrendo sistemazioni a basso costo, la cura e rigenerazione dei quartieri popolari, la necessità di presidi sanitari all’interno di un sistema di welfare a rete inclusivo e non riparativo.

 Sul  come, e con quali risorse, conseguire questi obbiettivi c’è una certa vaghezza. Soprattutto c’è la rimozione di un problema di fondo: siamo sicuri che l’attuale assetto istituzionale e organizzativo del Comune di Milano sia idoneo alle nuove sfide? La Provincia non esiste più, la Città metropolitana non è mai decollata e i Municipi interni a Milano vivono una vita di stenti, ben lontana da pretese municipali. Sembra essersi eclissata l’ambizione di un governo dell’area vasta, nonostante (o forse proprio perché) il Sindaco di Milano coincida di diritto con il Sindaco metropolitano, pur dovendo ottenere il consenso dei soli cittadini milanesi per essere eletto. Un paradosso difficile da digerire. 

 È  legittimo chiedersi se l’aspirazione di Milano a stare al passo con i processi di modernizzazione delle metropoli internazionali possa eludere il problema di superare un assetto istituzionale, ordinamentale e organizzativo obsoleto, che la rende contemporaneamente troppo grande e troppo piccola, cioè la dimensione sbagliata per affrontare in modo razionale ed efficiente le nuove – e meno nuove - sfide.

 Milano  quindi dovrebbe mettere nella sua agenda programmatica, e farsene portavoce, l’esigenza di ripensare una riforma che non ha riformato, che ha tolto senza dare valore aggiunto, mentre ha lasciato le (tre) vere aree metropolitane del Paese in grande svantaggio competitivo/collaborativo nella dimensione globale. 

 Ma  nello stesso tempo potrebbe imboccare decisamente la via dell’autoriforma possibile, ovvero dell’elezione diretta del Sindaco metropolitano prevista dallo Statuto metropolitano la cui condizione fondamentale è “la ripartizione del territorio del comune di Milano in zone dotate di autonomia amministrativa o, in alternativa, l’articolazione del territorio del comune di Milano in più comuni” (Art. 61)

 Impresa  indubbiamente ardua, ma non impossibile se si decidesse di dare alla prossima consigliatura un mandato “costituente” che superi di slancio il conservatorismo istituzionale (e di poteri consolidati), freno di ogni ambizione seriamente riformatrice nel nostro Paese.

 La  pandemia sembra aver rimesso al centro dell’attenzione i quartieri e la necessità di potenziare la città delle relazioni e delle comunità locali, di rilanciare la dimensione di prossimità per il lavoro, il commercio, i servizi. Lo dimostra anche il proliferare di social communities di quartiere o di strada. 

 Alla  luce di tutto ciò vien da constatare quanto poco sia stata lungimirante la controriforma del 1999 (Albertini sindaco) che ha dimezzato le venti zone del decentramento d’antan, certamente più rispettose della formazione storica di Milano per aggregazione successiva di corpi santi e comuni, e degli attuali 88 nuclei di identità locale (Nil) individuati. 

 Un  vero peccato, perché alla revisione perimetrale, e al conseguente sovradimensionamento territoriale e di abitanti delle nove zone “a spicchio”, si è accompagnata una sottrazione de facto di già modesti poteri, funzioni e risorse. Un mancato potenziamento cui nessuna riforma, regolamento o statuto - antecedente o successivo - ha mai posto rimedio. Neanche la riforma del 2016 che ha trasformato le zone in municipi. 

 Si  sprecano gli esempi di problemi che si potrebbero facilmente risolvere o gestire in loco e che invece devono passare sui tavoli di assessori comunali già sovraccarichi. Per dirla in breve con le parole della Consulta periferie: è vano affermare che si vuole una città “policentrica”, se non c’è una conseguente amministrazione “policentrica”.

 Questo  è un punto davvero dolente che solo una fase coraggiosamente animata da una forte volontà di cambiare lo status quo potrebbe affrontare: ristrutturare la tecnostruttura comunale, con le sue settorialità, le sue piante organiche, le sue rigidità e il suo impianto centralistico. Una impresa che richiede non meno di un intero mandato amministrativo.

 Il  trasferimento di poteri e funzioni verso i municipi, consentirebbe al Comune di Milano di concentrare le energie sulle funzioni di programmazione, coordinamento, gestione di municipalizzate e partecipate, formazione del personale, ammodernamento e informatizzazione della struttura tecnica e amministrativa. E creerebbe i presupposti di una futura Milano metropolitana.

 Un  orizzonte programmatico di questa natura darebbe sfondo e prospettive alla coalizione di centro sinistra, proiettandola anche verso le prossime elezioni regionali in una idea di federalismo ancorato all’Europa e che valorizzi al massimo le autonomie ed esalti le potenzialità di autogoverni territoriali.

 Non  va in questa direzione la proliferazione di liste settoriali, monotematiche e addirittura professionali dalla dubbia capacità di aggiungere consensi ma dal sicuro effetto patchwork. L’autorevolezza e le capacità dimostrate sul campo dal Sindaco Sala daranno certamente alla coalizione un vantaggio competitivo importante, ma la mancanza di una idea condivisa forte e di prospettiva la rende politicamente debole e spreca l’occasione di utilizzare il secondo mandato per aprire una fase nuova. Per Milano, e forse anche per una Lombardia regione d’Europa.

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