Una preziosa riflessione di Marco Vitale sull'importanza di una visione urbanistica per lo sviluppo di Milano.

Una preziosa riflessione di Marco Vitale sull'importanza di una visione urbanistica per lo sviluppo di Milano.

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Qualche giorno fa Marco Vitale è intervenuto con l'articolo che qui proponiamo sui temi centrali del futuro di Milano: la sua ricostruzione dopo la pandemia. Come sempre molto diretto, con molte suggestioni e con grande lucidità, Vitale indica le sue principali preoccupazioni per una città "colpita ma non umiliata dal Covid".  Non è l'economia, non è il trasporto, non è l'Università, non è la Cultura e la produzione culturale, non è la Scuola a preoccupare: tutti questi settori per Vitale si riprenderanno presto, per la vitalità innata della città. 

Quale è il problema allora? Il vero problema sta nell'assenza di una visione urbanistica della Città, la quale essa dovrebbe andare "oltre" i confini disegnati fin qui. Se Milano vuole completare la sua trasformazione in una metropoli europea essa deve  rilanciare un grande disegno urbanistico: Vitale concorda con chi dice che l’urbanistica negoziata è l’unica via possibile e realizzabile, purché il negoziato non sia "finto e truccato".

E ricordando il sindaco Marco Formentini, scomparso la scorsa settimana, nella cui Giunta era Assessore alle Attività Economiche, Vitale indica come un esempio di "progetto" quello dell'allora assessore Elisabetta Serri, denominato "Nove Parchi per Milano” (1995) un progetto che allora non si limitava "ad un puro e semplice negoziato di volumetrie, come sta avvenendo per San Siro".

Milano e la nostalgia di un pensiero urbanistico.

Marco Vitale copiadi Marco VITALE 

Il nuovo anno non ha ancora mostrato il suo volto. Resta un enigma. Sarà l’anno dei costruttori, come ha detto il presidente Mattarella? Si tratta di un auspicio o di una predizione? Temo che sia solo un auspicio, un benaugurante auspicio. Ma tutte le opzioni sono aperte e nessuno può prevedere come andrà a finire. Non a caso Gaccione ci informa che nella lingua calabrese non si usa il verbo futuro. Ma lo stesso vale per la lingua siciliana. Cento anni fa il 5 gennaio 1921 la flotta italiana, su ordine del presidente del Consiglio, Giolitti, aprì il fuoco contro il palazzo della Reggenza a Fiume e liquidò l’impresa fiumana come “increscioso incidente” “Fiume? C’est la lune” disse ironicamente il francese Clémenceau. E invece “da Fiume è partito il segnale di quella rivolta che trascinerà l’Europa nella guerra del 1939” (Leo Longanesi). Da una alta terrazza guardo l’alba che si apre sulla Grande Milano ancora illuminata dalle luci mattutine. In fondo ad est, strisce di luce si accendono ma sono troppo sottili e precarie per permettere di prevedere come sarà la giornata, soprattutto considerando che le prime notizie sull’andamento della distribuzione dei vaccini in Lombardia sono pessime. Come al solito una disastrosa partenza! Forse è meglio evitare di fare previsioni e limitarsi a formulare auspici e impegni di fronte a se stessi. Ma per formulare sia gli uni che gli altri è necessario chiedersi: ma cosa mi manca, di cosa ho maggiore nostalgia? (...) 

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